E’ di qualche giorno fa l’uscita ufficiale del nuovo mensile di Panorama, ICON – Uomini e stili.
(Uomini, stili, icone… ci ricorda qualcosa…)
Poiché la differenza che intercorre tra noi e loro è la stessa che passa tra una sartoria e una marca di abbigliamento confezionato, possiamo parlarne liberamente.
Questa novità editoriale ci interessa per vari motivi. ICON costituisce l’attacco della Mondadori ad un settore che l’ha vista sinora perdente, quella dei ‘maschili’ di fascia alta, affollata da Gentleman (di Milano Finanza), Style (Corriere della Sera), Monsieur (Swan group), IL (Il Sole 24 Ore, l’unico vera novità del settore), L’Uomo Vogue (Condé Nast)… Si sa che i giornali sono pensati non per una ispirazione più o meno nobile ma per accogliere pubblicità, come ‘cassonetti della moda’.
Siccome l’uomo è commercialmente appetibile, dopo essere per tanto tempo trascurato a favore di donne e ragazzi, ecco il perché di tanta sovrabbondanza. Surplus solo di titoli perché poi, stringi stringi, questi mensili si somigliano un po’ tutti.
Fin dalla grafica, ICON manifesta la volontà di non spaesare troppo il lettore. Infatti è uguale a molti altri. Un po’ a GQ, un po’ a Numero (solo in lingua inglese), un po’ all’house organ di Nespresso, un po’ Anna… L’uomo è abitudinario, avranno pensato in Mondadori. Facciamogli credere che sia un giornale nuovo, con una bella copertina elegante in biancoenero, ma poi dentro propiniamogli la solita solfa. Un esempio: i ritratti disegnati degli editorialisti, soluzione adottata già decine di volte, i titoli nerissimi con molta ‘aria’ nelle pagine, le due colonne e non solo…
Comunque, visto che abbiamo sì dei preconcetti ma vogliamo sempre misurare il nostro giudizio con i fatti (e poi si dis-impara sempre qualcosa), iniziamo a sfogliare questo ICON. Ecco cosa ci è piaciuto e cosa, invece, davvero no.
POSITIVO
– La copertina è bella, con una faccia, quella di Vincent Cassel, non sorridente ma un po’ incazzata. Grande pulizia grafica.
– Il pezzo di Vittorio Feltri: ragionare con i piedi – Apologia di una scarpa. Notevole, come la condanna delle sneakers, ‘disgustose quando non servono per compiere esercizi ginnici…’. Peccato che prima di lui si sprechino advertising Hogan e Tod’s (che avrà anche un lungo articolo panegirico su questo alfiere del Made in Italy).
– L’intervista a Vincent Cassel che afferma, parafrasando, che decisionismo e arroganza sono lati positivi di un uomo. Come la gentilezza per chi se la merita.
– Panorama 1970. Attraverso articoli di moda risalenti a 40 anni fa, vedere cosa è cambiato e cosa, per fortuna, è rimasto.
– Articolo sulla sede italiana di Ralph Lauren.
NEGATIVO
– La prima pubblicità di Gucci, due pagine come al solito poco sessualmente allusive…
– 23 pagine pubblicitarie prima di imbatterci nell’illuminante editoriale.
– Carlo Rossella come opinionista sullo stile. Vorremmo conoscere il primo che ha fatto credere al suddetto di essere elegante. Deve esserci cascato in pieno e da allora ci propina formulette da elementari.
– Il solito cortocircuito tra inserzionisti a pagamento e soggetti degli articoli. Un unico un lungo redazionale… Avete presente quelli che dicono: la pubblicità oggi è meglio dei programmi tv?
– Le solite scoperte modaiole. Il ritorno del lino (perché, dov’era andato?), Vanity Hair…
– Grande sfoggio di lessico à la page: trend, cool, fashion…
– Un articolo sui Mod senza citare il grande Paul Weller, the ‘modfather’.
– Troppi articoli di stile maschile scritti da donne. Che si avventurano anche in affermazioni coraggiose come quella di dire che preppy deriva dalle scuole elementari inglesi. E chi sarebbe l’alfiere del preppy oggi? Tommy Hilfiger. Avete mai sentito parlare di Polo? Niente da fare, le giornaliste non hanno memoria che va oltre le due settimane.
– Una scrivente ci segnala come si confeziona una spalla napoletana su una giacca. Glielo spiega Isaia, che dopo alcune pagine ha una bella doppia pubblicità tutta sua.
– Il collo alla francese di una camicia viene disegnato come quello italiano.
– Brian Ferry: basta.
– Brunello Cucinelli: basta parlare di filosofia, etica. Basta, please.
PESSIMO
– l’articolo ‘Le star dell’eleganza maschile’. Prima puntata: Miuccia Prada. E dichiarazioni chiave tipo: “…io e mio marito non pensiamo sempre agli affari…”
– Intervista a Roberto Cavalli, ritratto in compagnia dei suoi quadrupedi. Come diceva Anton Cechov, “Più l’uomo è stupido e meglio capisce il suo cavallo”. Anche il suddetto stilista si lancia in piccoli apotegma niente male come: “Per lui (il Che, ndr) potrei diventare anche gay”, conditi da commenti su politica, grande successo, donne, Victoria Beckham…