http://youtu.be/Z7hBsoVU68c
Primo film realizzato interamente in soggettiva. La soggettiva è quel procedimento tecnico-stilistico che permette l’identificazione dell’occhio dello spettatore con l’occhio della telecamera, e quindi dell’attore. In questo caso, noi vediamo con gli occhi di Philip Marlowe (Robert Montgomery, qui anche regista) e viviamo le situazioni articolate di questo noir.
Questo tentativo, affascinante e sicuramente innovativo per il 1947, provocò il contrario di quanto sperato: la soggettiva, reiterata così a lungo, provoca una riduzione del campo visivo e una limitazione nello spettatore. In sintesi, invece di favorire il massimo grado di mimesi e proiezione, i due procedimenti base della partecipazione psicologica dell’osservatore, provocano allontanamento.
Ogni tentativo di aumentare il realismo del cinema è fallito. Pensiamo al piano sequenza, uno solo in Nodo alla Gola di Hitchcock (The Rope), girato nel ’48 (o in Arca Russa di Sukorov), ridotto ad una mera dimostrazione di bravura tecnica.
Ne La donna nel lago, non potendo vedere le espressioni facciali di Marlowe, si è pensato bene di teatralizzare la recitazione degli interlocutori, che hanno sottolineato, spesso in maniera caricaturale, i gesti e le emozioni. Guardate questo filmato in cui Audrey Totter, la co-protagonista del film, ci dà prova del suo vasto catalogo di ‘occhiatacce’.
http://youtu.be/KN5Q7NCsMVY
In sostanza, anche nel cinema, il classico, il decoupage classico (strumenti narrativi come il montaggio, le musiche, i piani e i campi…), è ancora il linguaggio migliore per coinvolgere emotivamente lo spettatore.
Pochi mesi dopo Lady in the Lake uscì un altro film in cui la soggettiva era utilizzata in maniera massiccia ma ben più efficacemente, era…