Ricordi di fumo
di Alfredo de Giglio
L’uomo è fatto di ricordi e i ricordi, come cantava Dean Martin (Memories are made of this), sono fatti di oggetti e gesti. Questo è ancor più vero per l’uomo di stile, educato al bello e al giusto, che compra, usa, colleziona e sceglie (non a caso eleganza deriva da eligere) quegli oggetti che meglio lo rappresentano. Georg Simmel, nell’imprescindibile testo ‘La Moda’, diceva infatti che “Solo uomini di altissima levatura trovano nel rispetto dell’individualità specifica delle cose la massima profondità e la massima forza del loro Io” .
Oggetto e azione e uomo sono elementi legati in modo indissolubile.
Se chiudete gli occhi vedrete vostro padre o vostro nonno che si annoda la cravatta, che inforca un paio di occhiali, che si toglie dei guanti, che si accende un sigaro. Vedrete una persona che lega a sé dei semplici oggetti, non importa quanto preziosi fossero. Lo erano perché scelti da lui.
Questa potenza evocativa è ancor più viva se parliamo di fumo. Un accendino, un portasigarette d’argento, un tagliasigari sono in grado di farci fare una salto indietro nel tempo e farci materializzare nelle piccole-grandi situazioni che hanno costituito tanto per noi: una cena tra amici, il primo figlio, una litigata. Non è fumo sic et simpliciter ma è memoria e cultura maschile. Lo imparino tutti una volta per sempre.
Se associamo la parola “oggetto” e “fumo” la prima cosa che mi viene in mente è la pipa. Per tre motivi: perché a differenza del sigaro rimane con noi, non si consuma; perché per me è ancora la scoperta di un nuovo mondo, dato che la sto fumando da poco; perché all’acquisto della mia prima pipa si lega un pomeriggio da ricordare.
Durante una serata tra amici (faccio nomi e cognomi perché è come una forma di ulteriore ringraziamento) con Salvatore Parisi e Paolo Tarulli, i due iniziano a fumare una pipa. Scelgono il modello e il tipo di tabacco (e vi posso assicurare che non era una selezione facile dato il grande e vario rifornimento che Parisi può garantire) e mi chiedono se abbia mai provato. Alla mia risposta negativa Salvatore sentenzia: “Secondo me ti piacerà. Tra due giorni andiamo a comprarne una. Ti accompagno.”
Così facciamo. Il negozio da raggiungere è al centro di Roma, vicino Fontana di Trevi, così iniziamo una lunga camminata a parlare si stile e di uomini. Arrivati alla meta scopriamo che un altro amico, fumatore e collezionista di pipe, ci stava già attendendo. Era Italo Borrello. Mi presentano il proprietario di Becker e Musicò, Giorgio, e iniziamo la ricerca. Dopo qualche istante vedo i due compagni di viaggio indaffarati alla ricerca, della pipa giusta per me. Mentre loro aprono cassetti e vetrine, io mi intrattengo con Giorgio a parlare di cinema italiano degli anni ’50. Poi mi chiamano e mi mostrano sul tavolo quattro esemplari di pipe. Tra queste ne scelgo una. Non vi tedio oltre con il racconto delle loro due scuole di pensiero sul tabacco…
Quella mia prima pipa, che ora mentre scrivo riposa alla mia destra, sarà legata per sempre a quel pomeriggio passato all’insegna del piacere della scoperta, dell’amicizia e del fumo.
Perché, per dirla ancora con Simmel, le cose acquistano vita e dimensione solamente quando entrano in contatto con il nostro Io, assoggettandole alla nostra personalità e attribuendole valori e immagini nuovi e irripetibili.