di Alessio de Giglio
Iniziamo un percorso proibito e proibitivo tra Uomini di oscura grandezza. Tre passi per perdersi: il presupposto di ogni salvezza. 1: la vita. 2: l’opera. 3: il giudizio. Cominciamo dal più grande filosofo del Novecento italiano: Julius Evola. (Il Direttore)
“Ѐ allo stesso tempo tutto vero e tutto campato in aria. C’è qualcosa che si sottrae. Qualcosa di enorme. Dove sta una biografia? Ricordare? Il modo più esatto per dimenticare”. (Carmelo Bene)
La vita di Evola si è svolta nel segno dell’inconoscibile. Non sappiamo quasi nulla, ad esempio, della sua infanzia o della sua adolescenza. Molti i punto oscuri della sua iperbole esistenziale.
In quella che a torto viene dai più considerata la sua autobiografia, Il Cammino del Cinabro, e che invece è essenzialmente la descrizione della genesi dei suoi libri, i riferimenti alla sua persona sono ridotti al minimo indispensabile e spesso servono a spiegare proprio quel che dei suoi scritti non è rilevante. Ciò non è casuale, né tantomeno rappresenta l’inevitabile portato della sua originale weltanschauung, ma è la signatura metafisica di un ek–sistere consacrato allo Spirito. Un ethos che, irriducibile agli attuali parametri mondani, vuole l’uomo come veicolo della Visione, importante essendo l’azione e non chi agisce. Il tutto ovviamente andrebbe compreso sub specie interioritatis. Da qui l’importanza assegnata dal filosofo tradizionale al…
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