Il nostro lettore Alessandro Renzi ci suggerisce, sulla pagina di Facebook, questo film, uno dei lavori più controversi di Alfred Hitchcock prodotto da David O. Selznick (che scrisse anche la sceneggiatura). Questi è una delle figure più discusse del cinema tout court e di quello hollywoodiano in special modo. Grazie alla sua grandeur si devono capolavori come ‘Via col vento’ e ‘King Kong’, simbolo della magniloquenza produttiva americana, apice dello Studio System.
Selznick era un classico produttore-padrone, che soverchiava autori, registi e attori. Basta informarsi sulla travagliata genesi di ‘Via col vento’ per rendersene conto. Questa figura ha invero provocato numerosi danni alla settima arte, come potrebbe testimoniarci Orson Welles e il suo ‘L’Orgoglio degli Amberson’, sforbiciato dai produttori mentre lui era andato a fare un sopralluogo per un altro lungometraggio. Era però necessaria al suo sviluppo industriale non solo perché vi metteva i soldi ma soprattutto perché, come ogni produzione di beni, si prendeva la responsabilità del successo o dell’insuccesso, ponendo a freno l’ego talvolta ipertrofico di alcuni registi (tanto per dirne una: ‘Blade Runner’ è meglio con la voce off del protagonista?).
Non a caso, proprio i cosiddetti autori hanno involontariamente, si capisce, affossato gli Studios (come erano originariamente pensati) con gli insuccessi di ‘I cancelli del cielo’ di Cimino, ‘Stardust Memories’ di Allen e ‘Un sogno lungo un giorno’ di Coppola. Tre grandi registi, quindi, che all’inzio degli anni ’80 distruggono, loro malgrado, il cinema classico, inteso non solamente a livello estetico ma anche come apparato industriale vero e proprio.
Ogni autore ha una sua propria visione del mondo, spesso (e per fortuna!) inconciliabile per il grande pubblico, e se non vi è un produttore che sappia fare il suo mestiere non si avranno i soldi per garantire che il sistema globale sopravviva senza entrare in crisi. Come è stato e come è ancora. Serve quindi un equilibrio tra le istanze creative e quelle produttive.
Il cinema italiano, tanto per parlare del nostro orticello, è in crisi perenne perché tutti vogliono fare tutto. Un comico di Zelig diventa subito regista di un film tratto da un suo libro che è la raccolta di articoli scritti per un giornale a cui ha venduto l’esclusiva delle sue nozze… Da noi tutti i film sono arte, tutti i registi sono autori e si pretende il finanziamento pubblico senza che sia un sistema di domanda e offerta a regolamentare il settore cinematografico. I produttori non sono all’altezza della generazione precedente, non ci sono più i registi di genere e, infine, il pubblico è pieno di analfabeti…
Quindi non ci resta che rivolgerci indietro ed ammirare il cinema con la C maiuscola, sintesi di arte e artigianato, bottega e industria.
Tornando alla segnalazione del nostro lettore, ‘Il Caso Paradine’ vede quindi l’incontro di un autore giustamente celebrato e un produttore vecchio stampo. Ne esce un gran film ma imperfetto, come se si evincesse lo scontro di personalità, di uomini che credevano in quello che facevano.
Stilemaschile lo consiglia ai suoi lettori. Anche perché un film di Hitchcock va sempre visto e poi perché ci permette di rivivere la fine degli anni ’40, con i suoi abiti e le sue atmosfere.