Gran parte dell’abbigliamento contemporaneo deriva dall’uso militare. Molti i capi ‘civilizzati’, dal trench al montgomery alla stessa cravatta. Uno di questi è tutt’oggi una icona del vestire casual. Paolo Tarulli, un vero cultore del tema, ci guida alla scoperta dei giubbotti in dote ai piloti militari americani.
Il Generale americano Doolittle (a sinistra) sulla portaerei da cui partirà la missione per Tokyo (molto liberamente raccontata nel film “Pearl Harbour”). Tutti indossano la giacca tipo A2, ma è da notare l’enorme differenza da capo a capo. Questo e’ dovuto ai tantissimi contratti di appalto dati duranti la guerra. Il personaggio in primo piano a fianco di Doolittle indossa un raro modello tipo ANJ446, in dotazione sia all’esercito che alla marina.
A1: il capostipite
E’ noto agli appassionati più documentati che i fratelli Wright, durante il loro famoso primo volo, vestissero in giacca e cravatta. Nulla di tecnico o particolarmente studiato, semplicemente l’abito che usavano normalmente durante le ore di lavoro.
Solo quando le forze armate degli Stati Uniti cominciarono a capire le potenzialità belliche degli aeroplani, gli aviatori scelsero le giacche in pelle per proteggersi dalle intemperie delle cabine aperte.
Quando i militari comprarono i primi aerei, e con essi cominciarono l’addestramento dei primi piloti, non vi erano uniformi specifiche per il volo, così si acquistavano giacche corte in pelle dai commercianti civili o facendosele confezionare su misura dai sarti. Ma l’amministrazione militare non poteva tollerare ragazzotti che giravano per le caserme ognuno con un abbigliamento diverso (se no che uniforme era?), e vennero commissionati i primi modelli con uno standard comune. Nacque allora la prima giacca da volo militare ufficiale: il modello A1 (a metà degli anni ‘20).
Una delle più fedeli riproduzioni dell’originale A1,
capostipite di una lunga e differenziata genia di giacche da volo.
Naturalmente l’esperienza dei piloti stessi risultò fondamentale (e lo sarà anche in seguito) prima di addivenire ad un modello definito. Dai loro input vennero prese le seguenti decisioni stilistico-estetiche: la pelle doveva essere rigorosamente di cavallo, in quanto resistente e molto robusta; la chiusura del fronte e delle tasche affidata a bottoni; nessuna imbottitura interna, per limitare l’ingombro della giacca in cabine di pilotaggio già molto piccole, ma solo una fodera in cotone marrone; le maniche e la vita erano invece isolate con dei tubolari in lana.
Ne deriva, quindi, un design quanto mai semplice e lineare che renderanno l’A1 davvero immortale.
La standardizzazione di questa tipologia, quindi, fu il primo passo verso la creazione di tutta una serie di modelli di abiti per il volo che rivoluzioneranno la maniera in cui i militari e a seguire i civili, che vorranno elevarsi almeno esteticamente al livello degli impavidi aviatori, vestiranno negli anni a venire.
Le giacche da volo americane influenzarono in maniera indiscutibile lo sportswear maschile, dalla seconda metà del secolo scorso ai giorni nostri.
A2. l’evoluzione
Nel 1930, l’aviazione dell’esercito americano (l’aeronautica vera e propria nascerà solo negli anni ’40), poteva contare molti aerei e piloti. Questi ultimi oramai volano per tempi sempre più lunghi ed in cabine non pressurizzate.
Il modello A1 divenne poco adatto ai nuovi aerei e alle nuove necessità operative di chi doveva combattere in guerra.
I sarti ed i tecnici dell’esercito si misero a studiare una nuova giacca da volo e il 9 maggio del 1931 vide alla luce il modello A2: costruzione a camicia, collo a camicia, giromanica alto e stretto, chiusura con zip e tasche con bottoni automatici a pressione, un solo pezzo di pelle per il dietro e due soli per il davanti.
Le maniche furono concepite con due pezzi di pelle e sotto l’ascella furono previsti due fori di areazione con anello in metallo. Il materiale scelto fu sempre la pelle di cavallo, la fodera in seta e i tubolari rimasero in lana.
Rispetto al modello A1 aggiunsero le spalline a doppia cucitura senza bottoni.
Ecco il modello A2 in tutta la sua pulizia stilistica. La zip prende il posto dei bottoni, sono inserite delle clip per bloccare le tasche. Inoltre, il collo a camicia lo rende più elegante e funzionale, giacché lo si poteva alzare per proteggersi dal freddo. La schiena è in un pezzo unico visto che, dovendo passare ore e ore seduti, ogni cucitura avrebbe potuto alterare il confort.
Le spalline potevano fungere, in caso di emergenza, da punti di presa per estrarre un corpo dalla cabina.
Il taglio della giacca, come potete vedere nelle foto, fu appositamente realizzato molto stretto, dovendo aderire al corpo e non “sblousare”. Le tasche anteriori non avevano un’entrata laterale per le mani.
Il disegno complessivo fu di estrema nettezza e pulizia giacché ogni singolo particolare fu studiato per rispondere a necessità tecniche prima che estetiche. Ad esempio, il taglio stretto ed aderente era per evitare che la giacca si incagliasse nelle molte protuberanze presenti nella cabina di volo, mentre le spalline vennero cucite ad entrambi i lati cosicché potessero fungere da maniglioni in caso fosse stato necessario, a seguito di un incidente, estrarre un pilota dalla cabina. Ancora, la pelle cucita sulla schiena era in un solo pezzo così da evitare fastidiose cuciture.
Infine, le tasche non presentavano entrate laterali per evitare che i piloti vi mettessero le mani dentro perdendo il loro aspetto netto e marziale.
Il Generale George C. Kennedy, capo dell’ U.S. Army Air Force durante la Seconda Guerra Mondiale, con un giubbotto A2.