Con la collaborazione di Lorenzo Villa.
L.V.: Il tuo apprezzamento mi lusinga alquanto sebbene la mia competenza sia più frutto di una forte passione che di una vera perizia. In ogni caso l’amore muove l’uomo e le energie profuse vengono sempre ripagate ad interesse.
Veniamo al nostro “gioco”. Decisamente interessante – diciamo pure affascinante – la tua libera associazione di grandi profumi con grandi Uomini. Io parto da un punto di vista un po’ diverso, più legato al profumo come espressione di un epoca, di uno stato dell’essere, di una società. Inquadrati i confini di pertinenza, occorre setacciare il mondo del profumo – vivo fin dal tempo degli Egizi – per far emergere quelle pietre miliari che oltre ad essere capolavori eterni delle loro categoria olfattiva, sono capaci di rappresentare inequivocabilmente una maniera di vivere, in altre parole i grandi bon-vivant dell’epoca.
E’ necessaria una distillazione spinta, resa imperfetta da una visione personale, e pertanto limitata; come vedrai molti nomi sono comuni alla tua profonda analisi :
Acqua di Colonia SMN, 4711, Acqua di Genova – lo spirito della colonia, la matrice olfattiva della profumazione come adesione ad un mondo riconosciuto, chiaro ed etico.
Melograno e Peau d’Espagne SMN – agli antipodi dei modi, accomunati da un gusto che nel definire retrò e fané ci portiamo all’origine dei termini, alla loro figurazione profumata.
West Indian Limes Geo F. Trumper e T&H – L’impero delle Colonie, l’homo elegans nelle sue azioni più ardite, nella sua immagine per e del mondo.
Hamman Bouquet e Blenheim Bouquet Penhaligon’s – il credo britannico nell’uomo, l’incondizionata volontà, calma e serena, di essere i migliori.
English Lavender – La profumazione di chi non cede al profumo.
Tabarome original Creed – Forte e di personalità come l’uomo che la sceglie.
Knize Ten – La belle epoqué, la velocità, la nuova “arte”, gli anni ruggenti delle feste dell’alta società fino all’alba.
Floris 89 – il mondo inglese del dopo guerra, Savile Row che vede il tramonto del suo impero totale, uno Stato che ha conquistato il mondo.
Por un Homme Caron – La determinazione, il senso dell’impegno, la dinastia, l’uomo che ha “fede” nell’Uomo.
Vetiver Guerlain, Eau Sauvage Dior, Equipage Hermés, Monsieur Givenchy – la via francese all’eleganza, all’understatement che non rinuncia alla conquista, al piacere, ad un certo appagamento del sé.
Gentleman di Givenchy – nel decennio della capitolazione (1974) una delle ultime fragranze per un Uomo che non rinuncia a nulla del suo immaginario, della sua presenza.
88 Czech&Speake – L’ultimo scampolo d’eleganza di un uomo che già si affaccia nel nuovo corso ma mantiene intatti valori e credi del passato
Quanti nomi ho trascurato, quanti capolavori ho dimenticato in un cassetto buio della memoria…
Mi accorgo solo ora che è solo una lista, un accordo personale di sensazioni. Sono ancora lontano dal cogliere quella presenza, quell’immagine totale del gentiluomo. E’ ovvio che il profumo è solo una delle sue componenti ma la sua forza sta nell’esprimerlo senza parlare. Dobbiamo fare ancora qualche passo, non abbiamo ancora trovato (…la troveremo mai ?!) quell’aria pregna di ammirazione che ci conquista quando l’incontriamo.
L.B.: Direi che dove si è fermata la mia “libera” (e parziale) associazione tra profumi e uomini rappresentativi di un’epoca è partita la raffinatissima, appassionata tua rassegna dei profumi come espressione della stessa epoca. La sottoscrivo in pieno, perché molti nomi citati riflettono sia la nostra comune matrice cavalleresca, sia una sostanziale prossimità di gusti e tendenze olfattive.
Dubito che si riesca davvero a cogliere la presenza, l’immagine totale dell’homo elegans. Molte sono le sfumature che ne hanno scolpito la presenza nella storia dell’immaginario maschile. Il profumo può restituirne qualcuna sia allo storico sia al semplice ammiratore, sotto forma di emozione e di evocazione. Ma – ripeto – molteplici sono le sfumature come molteplici le essenze e le emozioni. Arrivo a dirTi che se penso all’incisivo profumo della canfora utilizzata per la conservazione dei capi di abbigliamento, la memoria olfattiva mi conduce subito ad un luogo sacro dell’eleganza maschile classica, l’antica cappelleria romana “Viganò”, rimasta immutata dai primi del secolo scorso e forse – oggi – uno dei pochissimi luoghi, in tutta Italia, in grado di dare un’idea concreta della presenza che cerchiamo… Ciò anche grazie alla raffinata, indolente, elegantissima figura del suo proprietario, Ciccillo Viganò, sicuramente un homo elegans da ammirare.
Il richiamo all’Acqua di Parma Assoluta è dettato dall’effettivo mio apprezzamento per questa storica colonia (trovo ben calibrata anche l’Intensa). La citazione, però, deriva anche dalla curiosità e dalla voglia di stimolare il tuo giudizio di esperto e…conterraneo!
L.V.: Acqua di Parma è un fenomeno a sé, ambivalente nella sua continua oscillazione tra il lusso che vuole ostentare e la ricerca di una nicchia di qualità, ed inflazionato con una sovraesposizione in ogni vetrina.
Ho parlato molte volte con una paio di storiche “profumiere” del Ducato (nella mia città non c’è traccia di un uomo dedito a questo bellissimo lavoro) e nessuna di esse ricorda, nei decenni trascorsi, una colonia dal nome Acqua di Parma nei loro negozi. Certo, c’è l’acqua classica di Borsari ma nulla con questo nome. Pensa che una delle signore in questione ha quasi settant’anni…se non lo ricorda lei…
Detto ciò, ritengo che la colonia classica sia decisamente interessante, se non buona. Ha qualche problema di persistenza ma la composizione è ben calibrata sui toni esperidati e sulla rosa bulgara. Non trovo altrettanto convincente la colonia assoluta che, unitamente all’intensa, gioca troppo su una modernità chimica. Ho acquistato, tempo addietro, una flacone di Gentleman Givenchy. Ti ho già dato cenno di questo jus, complicato e oscuro. Io lo trovo straordinario e molto evocativo : dalla bottega del mio sarto al club maschile. E’ un profumo che ha la capacità di farmi tornare indietro nel tempo, di farmi materializzare un antico signore, elegantemente vestito e dai modi galanti.
Come si diceva, il profumo è un riflesso personale, difficile da trasmettere. In ogni caso, se ti capita, provalo; il tuo parere mi farebbe molto piacere.
Credo anch’io che non sia possibile cogliere il profumo dell’homo elegans; è la sua forza che fa diventare un profumo il suo profumo, codice di un modo di essere eterno ed assoluto, perciò ammirabile da chi sa vedere ma mai imitabile.
“Di lei non sapevo nulla ma mi pareva di sapere tutto in quel profumo,
e avrei voluto un mondo senza nomi, in cui quel profumo solo sarebbe bastato per nome e per tutte le cose che voleva dirmi” (I.Calvino)
L.B.: Cogliendo la finezza e l’appropriatezza delle Tue citazioni, Ti lascio con due spunti di riflessione e conversazione.
Uno riguarda il “profumo dei libri”, un profumo che ha sempre accompagnato la mia vita e le case in cui ho vissuto, nelle quali almeno una stanza è stata sempre dedicata allo studio-biblioteca. Non saprei fare a meno dell’odore della carta, specie quando è tanta, ti avvolge ricoprendo le pareti e si fonde con il profumo del legno degli scaffali, del cuoio di una poltrona, del tabacco che tra quelle pareti brucia più che in ogni altro luogo.
Il secondo riguarda il tema del profumo in letteratura. Conosco la citazione da “Sotto il sole giaguaro” del grande Calvino (“… dare un nome a una commozione dell’olfatto che non riuscivo né a dimenticare né a trattenere nella memoria senza che sbiadisse lentamente. Dovevo affrettarmi: anche i profumi della memoria evaporano: ogni nuovo aroma che mi veniva fatto annusare, mentre mi s’imponeva come diverso, irriducibilmente lontano da quello, rendeva con la sua prepotente presenza più vago il ricordo di quel profumo assente, lo riduceva a un’ombra”. E se l’assenza, l’ombra, fossero proprio quelle dell’homo elegans?…). Ecco che mi chiedo e Ti chiedo: esiste il profumo del libro o dei libri del proprio cuore? Un profumo che si lega indissolubilmente alle letture preferite, ne riporta alla memoria interi passi, ne restituisce l’emozione?
Difficile per me procedere a una lista di libri o scrittori (Simenon? Pirandello? Kafka? Conan Doyle?): tanti sono i nomi, tante le emozioni, tanti i profumi che associo a questo o quel romanzo.
Mentre cerco di fare ordine lascio a Te la parola.
L.V.: Mi abbandono a due fragranze che non hanno ancora trovato posto nella nostra conversazione. Gradirei molto ricevere un tuo parere, visto anche la caratura da peso massimo dei nomi: Royal Scottish Lavender di Creed e English Fern di Penhaligon’s.
Il primo, risentito di recente, è stato un bel colpo al cuore.
Profumo dei libri…interessante contenitore di gloriosi ricordi e sincero presente. Ogni biblioteca ha un anima e come tale deve saper ‘parlare’. Nel profumo che emana la carta, ancor meglio se vecchia o antica, possiamo ritrovare il colmo di quel passaggio, di quel tempo che è stato benevolo e non ha mai modificato niente del contenuto. Caso raro, vero ?
Qui siamo in un campo molto difficile, il profumo non è più solo un bouquet armonico di un’emozione ma un odore che identifica un luogo, un’azione, un periodo.
Hai perfettamente ragione quando asserisci che ogni libro ha il suo “profumo”; mi ricordo una vecchia edizione di Gian Burrasca di Vamba ancora custodita nella mia libreria. Ogni volta che lo annuso ricordo la casa di campagna dei nonni, dove trascorrevo l’estate e dove l’ho iniziato a leggere. Non so se esiste il profumo dei propri testi preferiti come entità autonoma e autodeterminata, di certo la forza di un grande libro ingloba con sé molte sensazioni, non per ultima l’odore che ci circonda quando lo maneggiamo.
Ho due profumi che sono legati ai libri. Ovviamente non ricordano il profumo di un libro ma il suo mondo e chi lo frequenta :
Spanish Leather di Trumper e Spanish Leather di Truefitt&Hill
Ti rilancio una domanda : il nostro legame con un profumo, o una classe olfattiva, deriva dalla nostra esperienza vissuta ovvero è con noi dalla nascita?
L.B.: La tua domanda è acuta e impegnativa. Grazie ai progressi della ricerca medica, si è oggi in grado di affermare con ragionevole sicurezza che il feto dispone di capacità percettive ben definite: vede, sente, reagisce agli stimoli – anche olfattivi – che riceve durante la gravidanza. I particolari odori (e sapori) che il bambino percepisce quando è immerso nel liquido amniotico (la cui composizione deriva per lo più dal regime alimentare della madre), già lo indirizzano verso fragranze o classi olfattive, ne determinano, in prima battuta, le preferenze alimentari.
Questi aspetti mi sono divenuti progressivamente più chiari durante le due gravidanze di mia moglie, nel corso delle quali abbiamo “investito” molto nella stimolazione sensoriale (soprattutto quella uditiva). Il mio Edoardo ha oggi sei anni e sicuramente dimostra una elevatissima propensione a utilizzare al massimo tutti i propri sensi. Anche Eleonora, con i suoi quattro anni, dimostra notevoli capacità sensoriali. A questo continuo affinamento, praticato fin dai primi mesi di vita dei miei due pargoletti, tengo moltissimo, al punto che a volte io e mia moglie siamo assaliti dal dubbio di esagerare.
Sono più che certo che alcuni profumi siano con noi fin dalla nascita. E’ tuttavia anche vero che la nostra esperienza vissuta non fa altro che “impregnarsi” di odori, continuamente, segnando il nostro cammino, rendendo più forte la memoria della nostra vita.
Ho iniziato a fumare il sigaro toscano perché uno dei ricordi più vividi e piacevoli della mia infanzia è legato alle domeniche in cui, giungendo a casa dei nonni materni, venivo investito dal profumo dell’immancabile ammezzato in compagnia del quale mio nonno Livio era solito immergersi nella lettura dei giornali e dei suoi amati libri di letteratura. Ho ancora chiarissimo, nella memoria, il Jean Patou della prima ragazza che baciai. Ricordo “affumicati” fine settimana trascorsi nel paesino di uno dei miei più cari amici di infanzia.
Sono pressoché sicuro che la mia propensione verso colonie “che sanno di pulito”, decisamente “talcate”, derivi dal profumo di bucato della biancheria di casa, nella quale fin da piccolo immergevo il naso e il viso voluttuosamente. Ancora oggi associo immediatamente alla figura di mio padre il gusto virile e speziato dell’ormai scomparso Drakkar di Guy Laroche (non il Noir, ma quello precedente, del tutto diverso): bergamotto, lavanda e limone nelle note di testa, cedro in quelle di cuore, muschio e ambra in quelle di fondo.
Vengo a English Fern di Penhaligon’s e a Royal Scottish Lavender di Creed. Con il primo si resta nell’immaginario che più amiamo. Penso a battute di caccia in una brughiera nebbiosa, a cottages immersi nel verde, a odd jackets vecchie di decenni, odorose di campagna ma anche di quell’inimitabile, straordinario sentore di fresco e di pulito che caratterizza le più classiche colonie inglesi. Confesso di utilizzarlo moltissimo, anzi, negli ultimi tempi addirittura sistematicamente. Mi cattura di meno la seconda, eccessivamente “morbida” rispetto alle maschie lavande inglesi stile Yardley.
Quanto al profumo legato al mondo dei libri, mi trova d’accordo il tuo riferimento a Spanish Leather. Cuoio, tabacco, legno: materiali e note olfattive che circondano, completano, esaltano l’eleganza classica. Spanish Leather le riassume e le declina secondo la partitura che ha reso grande la scuola inglese (personalmente, ho una lieve preferenza per Truefitt & Hill, che mi sembra più complesso e che, per giunta, vanta due secoli di incredibile e gloriosa storia).
L.V.: Interessantissima la tua chiosa sugli odori dell’infanzia e sulla stimolazione sensoriale dei bambini. Il nostro cervello è un grande stratificatore di esperienze e sensazioni, sicché, pur non avendone un collegamento diretto, si formano tante basi a cui corrispondono precisi stimoli. E’ probabile che questo insieme multiforme costituisca la classe di scelta dei gusti individuali. Lasciamo che la bellezza ci colga nella nostra personalità !
Ho sentito, e apprezzato alquanto, Sandalwood di Taylor, a detta di un elegante cliente del mio sarto una colonia molto simile al vecchio Sandalwood di Arden. L’hai mai sentita ? Credo che finirà presto nella mia collezione.
Ho incontrato uno dei profumi più particolari che abbia mai avuto modo di provare : Messe de Minuit di Etro. Non riuscirei mai ad indossarlo, tuttavia è una rappresentazione tridimensionale di una cattedrale gotica, di un cavaliere templare, di un malinconico viaggio nell’aldilà. Un jus da testare almeno una volta. Tra l’altro si può percepire un sottile rimando ad antichi e polverosi legni; un’antica libreria di un oratorio ?
Altra felice scoperta è il Bay Rhum di Royal Lyme of Bermuda. A proposito di Bay Rhum, sono sempre stato molto attratto da questa categoria. Come da manuale, mi trasmettono l’idea di un uomo romantico perso in un’isola – in dolce compagnia – calda e selvaggia, verde e vera, fonte di una vita libera e forte, dove esprimere una virilità sana e ancestrale. La tonificazione è molto efficace e la loro anima pungente pizzica il nostro animo antico, quello che vorremmo prima o poi soddisfare. Tu cosa ne pensi ?
L.B.: Anch’io apprezzo molto Sandalwood di Taylor, al punto che ne uso regolarmente il deodorante. Sentore legnoso ma non troppo, morbido e con una dolcezza non eccessiva, in quanto temperata da rosmarino e lavanda. Nel complesso, un profumo accattivante. Piuttosto lontano, però, a mio modesto avviso, dal Sandalwood di Arden, senza dubbio dotato di maggiore carattere, grazie a note legnose e speziate molto più marcate ed avvolgenti.
Potenti le Tue evocazioni legate sia a Messe de Minuit di Etro (che non conosco), sia al Bay Rhum, di cui anch’io subisco il fascino (conosco quello di Truefitt & Hill, presentato come prodotto per capelli, e solo “di vista” quello di Royal Lyme of Bermuda, ma è una conoscenza che mi riprometto di approfondire).
Così – a mio modo di vedere – si deve parlare di un profumo! Attraverso immagini e caratteri essenziali e, per questo, immediatamente percepibili! Nella tua descrizione, mi hai fatto pensare ad una delle più belle e coinvolgenti canzoni-poesie di Sua Maestà Paolo Conte, intitolata “Boogie”. La canzone – che sicuramente conoscerai – ha un testo dotato di una potenza evocativa non comune, soprattutto quanto alla descrizione di odori immaginifici e rappresentativi. Descrive una coppia che sta danzando in un locale che più esotico e affascinante non si potrebbe…. L’ambientazione è anni ’20/’30 e, se cerco di dare un volto ai due ballerini, penso immediatamente ad Humphrey Bogart e a Laureen Bacall: “Due note e il ritornello era già nella pelle di quei due, il corpo di lei mandava vampate africane, lui sembrava un coccodrillo (… ). Da lei saliva afrore di coloniali che giungevano a lui come da una di quelle drogherie di una volta che tenevano la porta aperta davanti alla primavera (…). Dai movimenti di lei si spandevano rumori di gomma e di vernice, da lui di cuoio (…). Le luci saettavano sul volto pechinese della cassiera che fumava al mentolo (…). I musicisti, un tutt’uno col soffitto e il pavimento, solo il batterista nell’ombra guardava con sguardi cattivi… Quei due danzavano bravi, una nuova cassiera sostituiva la prima, questa qui aveva gli occhi da lupa e masticava caramelle alaskane. Quella musica continuava, era una canzone che diceva e non diceva, l’orchestra si dondolava come un palmizio davanti a un mare venerato… (…). Era un mondo adulto, si sbagliava da professionisti…”.
Ecco una canzone cavalleresca, scritta e magistralmente cantata da un raffinatissimo homo elegans. Tonificazione, magica parola che anche nella mia immaginazione riporta a spiagge calde di sole e odorose di lussureggiante vegetazione e sapida e secca salsedine. Il ritorno a gusti e comportamenti ancestrali – e, per ciò stesso, essenziali – è tanto difficile quanto – nel caso in cui vi si riesca – capace di esaltare ogni senso, cambiandone definitivamente i caratteri. Vi sono, nella vita, occasioni in cui puoi vivere questa esperienza, che ti segna indelebilmente. Mi permetto di tediarTi ancora con rievocazioni personali, correndo il rischio di sembrarTi eccessivamente egocentrico: è ancora vivo nella mia memoria il ricordo di una lunga vacanza che trascorsi circa dieci anni fa nell’isola di Alicudi, in una vecchia casa eoliana priva di elettricità e di acqua corrente. Di quei giorni ricordo ancora vividamente la potenza magica del silenzio (sull’isola non circolano automobili) e il forte, emozionante, rigenerante ritorno alle componenti essenziali di una quotidianità libera e selvaggia.
L.V.: Il profumo recita l’immagine e la sensazione e non vi è modo più appropriato per parlarne. Ahimè, i ritmi professionali moderni non hanno più nulla di umano. Ne parlavo qualche settimana addietro con il mio medico: mai come negli ultimi tempi si trova davanti individui che per vivere questi tempi selvaggiamente competitivi si esauriscono come candele, o peggio ricorrono a sostanze non proprio lecite. Una tristezza !
Occorre lavorare e vivere con passione, intuendo i pesi e le misure che giocano in questo sistema.
Molto bella la descrizione della vacanza ad Alicudi; non ho mai vissuto un’esperienza così intensa e profondamente distaccata dal “flusso della corrente”. Non ti nascondo che è da anni che sto meditando un soggiorno simile in quel di Pantelleria, un’isola che non ho mai visitato.
Interessante associare il profumo alla musica. Diciamolo fino in fondo : ogni percezione ha un profumo e di conseguenza è possibile associare mentalmente ad esso tutto il sistema complesso del nostro mondo sensoriale. Un profumo che mi rimanda ad una canzone è 89 di Floris. Sarò banale – vista anche la storia del jus come profumo di Ian Fleming – ma ogni volta che lo spruzzo parte il leit-motiv del nostro segretissimo 007. La mia mente ha elaborato questo schema, questo binario su cui muove un manipolo di sensazioni e memorie visive.