100 anni dalla morte. E quasi nessuno ne ha parlato. Noi di Stilemaschile usciamo dal coro e vi proponiamo l’ultimo omaggio/approfondimento sul filosofo triestino.
Torniamo su ciò che è andato via. Per sempre, siamo nel ritorno dell’eterno il viaggio che dobbiamo cominciare. Torniamo su Michelstaedter, in un in-interrotto “dialogo della salute” per cui dobbiamo farci orecchio. E malattia.
O trovare coraggio, se è vero poi che esi(s)tiamo.
L’impressione, leggendo “Il dialogo della salute”, questo bagliore del 1910, è quella di una inavvicinabile stella. Un percorso sempre possibile di aria e potenza. Una linea di occhi e di luce. Un confronto di anime nude sulla via deserta. È un libro all’altezza della morte.
Qui non si danno consigli per gli acquisti. Se bastasse leggere, tutti i libri d’Occidente non perderebbero tempo a contemplare una platea di morti. “Lo spirito soffia dove vuole” (San Giovanni). Ma le parole cui invitiamo ─ piccole fiamme nella notte, la nostra ─ si possono ascoltare, perché valgono più di tutto questo (stiamo indicando il mondo). Se qualcuno è morto perché potessimo distrarci. “La persuasione e la rettorica” è un esercizio (sta per “ascesi”) accademico, un monumento alla proprio dissoluzione, nascendo come lavoro d’obbligo da di-mostrare davanti a una commissione di professori. Da qui il tono insopportabilmente comico della sua prefazione: “Io lo so che non persuaderò nessuno”. Il dialogo invece è dedicato
“Al mio Emilio
in memoria delle nostre sere
e a quanti giovani
ancora
non abbiamo messo
il loro Dio
nella loro carriera”.
Si badi: “ancora”. Quasi si potesse intervenire: per tempo e sul tempo, in favore di un tempo a venire. Il tempo della salute è infatti anche il tempo della salvezza. Perché la salute o è assoluta o non è. La salute è il Bene. Ecco perché il dialogo apre un abisso in cui ciò che è vivo e ciò che è morto, ciò che è salute e ciò che è malattia si strappano la maschera. Gioco di quell’identità che ha il sorriso del delirio. L’orizzonte in cui si illumina il dialogo è quello della Persuasione: l’uomo retorico non consiste nel presente perché si lascia se-durre dal futuro. Il piacere è un dio potente la cui ricerca condanna all’obbedienza che incatena. Piacere non (solo) del corpo, s’intende, ma anche dell’intelletto: triste fatuità del divenuto scimmia. Perché tra mutue celebrazioni e riconoscimenti di una insensata estraneità alla decenza impera sovrana la comunità di chi crede di pensare. La comunità dei mediocri: ostaggi gaudenti della corte, del partito e dello spettacolo. Il dialogo è una spietata requisitoria contro i nuclei dell’impotenza: il lavoro, l’arte, l’amore… intollerabile epitome dell’opera maggiore, questo scritto racchiude una fascinazione che esploderà 10 giorni dopo la data della sua conclusione, il 7 ottobre 1910. Pre-eco della fine. Colpisce l’intransigenza e la lucidità di un giovane di 23 anni che vuole una grazia impossibile mentre disegna il profilo di un uomo integrale, affrancato dal bisogno: individuale o collettivo che sia. Ma se “gli uomini muoiono ad ogni istante in tutto ciò che vogliono”, che valore ha il suicidio? «La vita ci toglie: questo che tu dici crudele gioco, questo è la cara la dolce vita. Mancar di tutto sì è tutto desiderare ─ questa è la vita. Che se non ci volgessimo al futuro ma avessimo tutto nel presente ─ appunto non vivremmo più. La vita sotto qualunque forma come anche sia, a prezzo di qualunque dolore “si vive volentieri”».
Noi finiamo qui, “nel punto della salute”.
In occasione del centenario dalla morte, la Fondazione Carigo ha organizzato una interessantissima mostra sul (s)oggetto dei nostri primi articoli dedicati alla filosofia.