Pressocché dimenticato, sono passati ieri i 150 anni dalla nascita del Vate.
Noi lo ricordiamo con queste due nuove pubblicazioni.
Fra le sorprese che le collaborazioni giornalistiche del giovane Gabriele d’Annunzio riservano al lettore, vi sono alcune inattese incursioni nei territori del fantastico. Si tratta di un fantastico non certo “d’habitude”, bensì eccezionale, di “momenti” che segnano un’esperienza episodica – ma non per questo poco significativa – all’interno dell’opera dello scrittore, sia quando inventa caustiche “favole mondane” come Origine degli zolfanelli o Autobiografia di una sigaretta (in cui sembra quasi voler fare ironicamente il verso ad Andersen), sia quando si abbandona alla verosimiglianza del meraviglioso attingendo alle leggende dell’Abruzzo magico-arcaico (Santi e madonne in terra) o lasciandosi andare a una sorta di sensuale, panica rêverie (Ad altare dei, La sirena), approdando a lussureggianti sfrenatezze che hanno un allucinato, acre retrogusto scapigliato. Ma la suggestione fantastica si annida anche nelle immagini evocate dallo “scherzo galante” Sancta Kabbala oppure in alcune “fantasie” come La profezia o, bellissima fra tutte, I crisantemi, pallidi fiori dei morti che fanno morire chi li coglie …
Elaborato in un intenso trimestre di scrittura tra maggio e luglio del 1924, è l’unico testo autobiografico — in senso proprio — di Gabriele d’Annunzio adolescente: ambientato a Prato, infatti, nel quadriennio in cui il giovane Gabriele compie i suoi studi superiori al liceo Cicognini (1876-1880), il testo narra della vita quotidiana del convittore e delle sue prodezze di studente poco avvezzo all’ordine ed alla disciplina. Tra insubordinazioni ai professori e al personale scolastico, gare retoriche e oratorie, incursioni notturne nei laboratori della scuola e scorribande nelle vie cittadine a caccia di giovani fanciulle per sperimentare i piaceri di una intraprendente sessualità, alternandovi riflessioni sulla propria arte di scrittore e di ineguagliabile artefice della parola, il racconto si snoda fra sentieri di scrittura affatto lineari e consequenziali: piuttosto sviluppa una linea narrativa continuamente interrotta da digressioni e pause, infarcita di citazioni della propria o altrui letteratura, o perfino ritmata e organizzata intorno a una singola parola desueta. L’adolescenza del poeta si rivela così una sorta di paradigma indiziario di una precoce eccezionalità d’uomo e di artista, come la storia biografica e letteraria di Gabriele d’Annunzio ha poi dimostrato. Il titolo della serie di brevi prose fa riferimento a un episodio della vita del pittore Filippo Lippi, che a Prato si innamorò di Lucrezia, figlia di Francesco Buti, e la rapì, come racconta l’autore stesso rammentando la propria giovinezza toscana…